Ill.mo Gabriele Salvatores,
secondo Lei il cinema italiano avrebbe due padri, il neorealismo e la commedia all’italiana. Due padri decisamente ingombranti e che, conseguentemente, andrebbero “superati”, abbandonati, per crescere e maturare.
Bene: non vorrei sembrarLe eccessivamente pignolo, ma se il neorealismo è sicuramente padre, “la” commedia all’italiana non può che essere madre. Una madre dai natali nobili, ma presto svendutasi
ora come commedia(ccia) sexy ora come commedia(ccia) barzellettiera. Una madre un po’ mignotta, insomma.
I figli della commedia all’italiana sarebbero, quindi, un po’ figli di mignotta (senza offesa)?
Le va riconosciuto di essere l’unico regista italiano che cerca di cambiare e cambiarsi ad ogni film
(sarà, forse, per far perdere le tracce del disdicevole “mestiere” materno che non si confa a chi aspira ad essere un autore?), ma questo, ad onor del vero, da Nirvana in poi ché, prima, Marrakech Express, Turné, ed il Mediterraneo che Le è valso l’Oscar, sono debitori dei geni materni. O no?
Il caso vuole che, mentre ferve questo dibattito, in uscita nelle sale il 17 settembre ci sia una pellicola intitolata Sharm El Sheik, diretto da Ugo Fabrizio Giordani (uno che in passato ha sfornato Teste di cocco e Troppo belli con Costantino Vitagliano, mica pizza e fichi), che, in conferenza stampa, non ha mancato di legare questo titolo alla grande tradizione della succitata commedia all’italiana con premesse drammatiche (pare ci sia anche un omaggio ad Una vita difficile di Dino Risi). E come la mettiamo coi cinepanettoni?
Per Monicelli l’ultima commedia all’italiana vista al cinema è Pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio che, tuttavia, ha dinamiche produttive (low budget, attori non professionisti) prossime al neorealismo. Insomma da lì non si sfugge e, quindi, Lei, a quanto pare, avrebbe ragione.
Ma perché allora Mario Martone si è adirato. Perché non è elegante che si impartiscano lezioni tra colleghi? Voleva farlo?
E Gabriele Muccino, nel frattempo, taglia corto sulle polemiche suggerendo di fare (anch’egli impartisce lezioni?) come lui che, da figlio di dirigente RAI, non si è mai pianto addosso, ma ha cominciato a lavorare per Un posto al sole (in RAI) fino a raggiungere il successo hollywoodiano con un buon film, La ricerca della felicità, per il quale sostiene di aver avuto Ladri di biciclette come fonte di ispirazione (il neorealismo? Ancora? Anche lontando da casa? Allora non serve andare a vivere da soli?) ed un’immensa cagata quale Sette anime.
Alla fine l’unico che, a diritto, potrebbe impartire lezioni (il maestro Monicelli) si guarda bene dal farlo.
Del resto siamo un paese in cui i “bamboccioni” restano tali quasi per tutta la vita, perché al cinema, da un punto di vista stilistico, dovrebbe essere diverso?